I consigli “di carta” apparsi nella nostra newsletter TURING vs ASIMOV nei primi mesi del 2023. Per trascorrere mattini, pomeriggi e notti interessanti nell’afosa e turbolenta estate 2023, tra fantascienza, futurologia, tecnologia, intelligenza artificiale, fisica e fantapolitica.
È lecito chiedersi quante persone abbiano veramente letto Frankenstein di Mary Shelley. Ne consigliamo la lettura sia per (ri)apprezzarne il fascino, sia perché si può cogliere un interessante parallelo tra la fiction della Shelley (indotta anche dagli esperimenti di Luigi Galvani) e la (sovrabbondante?) fiction attuale alimentata dal moderno galvanismo dell’AI conversazionale.
In questo contesto è particolarmente interessante la parte del racconto che spiega come la temibile creatura apprenda il linguaggio umano.
Solitamente si dice che un libro è bello ma non è per tutti. Questa affermazione ha diverse sfumature di verità. Nel caso del libro “An Interpretive Introduction to Quantum Field Theory” (1994) di Paul Teller, l’affermazione è particolarmente azzeccata e da prendere seriamente.
Il libro è uno dei più belli sul tema della teoria quantistica dei campi perché lo affronta dal punto di vista filosofico e guarda in faccia i punti critici della teoria, sia dal punto di vista matematico sia dal punto di vista fisico.
Il libro è strettamente consigliato, ma limitato, a chi ha una conoscenza dei fondamenti della meccanica quantistica anche dal punto di vista matematico. È un vero peccato che ci sia questo requisito per la lettura perché l’autore stesso tenta di rivolgersi a una platea il più possibile ampia.
“Illuminismo magico” è un piccolo libro di Giorgio Galli pubblicato nel 2018. Si tratta di una riflessione attorno al problema di riconciliare il postmoderno con tutto ciò che è stato condannato come futile dalla secolarizzazione.
Come molti libri di Galli, il testo è interessante, non sempre condivisibile e con una buona dose di citazioni e autocitazioni. È difficile pensare a una soluzione all’impasse della modernità, ma può essere utile includere anche questo libro nella ricerca.
“Le venti giornate di Torino” è una piccola storia che si può forse definire di fantascienza non tech sabauda.
Il libro, scritto da Giorgio De Maria e pubblicato nel 1977, ha avuto una curiosa seconda vita grazie a una traduzione in inglese del 2017.
C’è chi lo ha affiancato a Borges e chi dice che la “biblioteca”, importante e futile elemento del racconto, si possa vedere come precognizione dei social network.
Angosciante ma sempre misurato, riesce ad essere universale (con i dovuti limiti) seppur aderente all’anima torinese.
Il futuro raccontato dai libri di fantascienza del passato è spesso caratterizzato da cataclismi o dal declino sociale/culturale.
Tra i topoi ricorrenti è importante quello della denatalità. Se si legge “Occidenti e Modernità: Vedere un mondo nuovo” di Andrea Graziosi, ci si accorge che il futuro fantascientifico è già presente e, forse, l’Occidente è già passato.
Se si è in vena di un una visione malinconica e crepuscolare dell’Occidente, dettata da uno studio razionale e storico, questo è un libro adatto.
Ci si può chiedere perché nel secolo scorso molte tecnologie (ad esempio quelle spaziali) abbiano visto un percorso bilanciato tra i due blocchi, mentre internet sia visto come un fenomeno a trazione occidentale.
Il percorso di un internet russo è studiato e presentato da Benjamin Peters nel libro “How Not to Network a Nation: The Uneasy History of the Soviet Internet”.
La storia è intrigante, burocratica e complessa. Il percorso viene rivelato dall’autore passando per gli archivi della Russia e dell’Ucraina.
Interessante, anche se un po’ romanzata, l’analisi storica della Cibernetica, tema che meriterebbe molto più approfondimento da parte della storiografia.
L’Europa di oggi sarà capace di fare peggio dell’Unione Sovietica del secolo scorso?
Il libro proposto tratta di un personaggio da un passato complicato che crea un suo mondo sotterraneo per paura di una catastrofe mondiale.
Se fosse un libro americano sarebbe probabilmente falsamente serioso, eroico e con un finale glorioso o tragico.
Fortunatamente è la partenza di Ark Sakura di Kōbō Abe. Libro particolare, forse non per tutti. Il protagonista vuole portare con sé alcuni selezionati (principalmente dal caso) ospiti, ma l’interazione con le altre persone non è mai semplice.
Surreale e triste (sempre in forma giapponese), come diversi racconti dello stesso autore e come l’eupcaccia, insetto inventato che compare all’inizio del libro.
Il racconto “Robot” di Adam Wiśniewski-Snerg è un interessante viaggio psichedelico e psichico di un (forse) robot umanoide per il suo personale inferno dantesco. Il percorso attraversa inoltre alcuni temi filosofici molto attuali.
Libro inusuale e affascinante, da leggere con calma (se si può).
Immortality, Inc. di Robert Sheckley (1959) è un libro disimpegnato che parla di temi impegnati. Un interessante ma angosciante mix per ragionare sulla dualità corpo-mente.
Ignorando il tema filosofico, si può anche solo seguire il destino avventuroso di una mente degli anni Cinquanta trapiantata nel 2110.
Il racconto Symbiography, scritto da William Hjortsberg nel 1973, parla di un futuro di sonnambuli ottuagenari che vendono sogni. Affianco a questi bambini anziani, vive una comunità nomade che è regredita allo stato semi-selvaggio.
Nella storia i due mondi si toccano con una modalità quasi onirica, in una zona tra il mito e la magia (tecnologica).
Probabilmente la storia racconta un potenziale futuro molto prossimo. Contando poi che nella storia le marche di auto attuali sono dei ricordi sfumati e mitologici, viene da chiedersi se non sia una cronaca di qualcosa che accadrà dopo il 2035.
Il racconto “Second Variety” di Philip K. Dick, scritto nel 1953, sta diventando (si spera non nella sua parte post-apocalittica) sempre più attuale?
Non è difficile pensare di avere a breve – come succede nel racconto – macchine che progettano altre macchine, capaci di utilizzare le debolezze umane.
Percorso abbastanza evidente se si considera la tendenza all’antropomorfizzazione intorno al fenomeno ChatGPT.
Ficciones è una raccolta di racconti scritti da Borges.
Si potrebbe dire che ogni racconto è un universo. Sembra una frase banalotta, ma in questo caso corrisponde a una descrizione tecnica del libro.
Agli appassionati della teoria del metaverso (non della fuffa informatica che porta questo nome) che non hanno letto questo libro, consigliamo di iniziare dal primo racconto “Tlön, Uqbar, Orbis Tertius”, con la giusta lentezza, senza perdere nessuna nota.
Alla fine non è facile vendere questi androidi, anche se hanno la faccia di Abramo Lincoln.
Il libro “We Can Build You” di Philip K. Dick racconta (quasi) esattamente di questo. Ci sono tutti gli ingredienti tipici di Dick: paranoia, realtà sdrucciolevole e qualche mutante, ma il tono è molto naturale.
Destinato quindi a chi piace il mix tra tecnologia, follia (in senso stretto) e vita comune.
Può piacere anche a chi riesce ad immedesimarsi nel socio di un’azienda che cerca di vendere androidi perché il business degli organi elettronici non gira più.
Spesso viene usato il termine “onirico” per definire lo stile di un racconto. Nel caso dei racconti contenuti in “Lo specchio nello specchio” di Michael Ende il termine è realmente azzeccato.
Ci sono stanze con finestre che guardano in altre stanze di posti enormi e vuoti. Ci sono poi locali pieni di gente mentre qualcuno studia la relatività ristretta.
Tutto è legato a un caos ordinato con la logica del sogno. “Come le avevo detto, questo dimostra tutto. Il caos cresce ad ogni nostro tentativo di dominarlo. La cosa migliore sarebbe starsene quieti e non fare più nulla”.
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